Da giorni ormai si parla di una app pubblica c.d. “Immuni”, la quale avrà lo scopo di monitorare l’epidemia da Covid-19. L’ordinanza n. 10 del 16/04/2020 a firma del Commissario Straordinario per l’emergenza dott. Arcuri, ha selezionato tale app di tracciamento dei contatti al fine di gestire la famosa seconda fase dell’emergenza, con buona pace degli esperti di diritti in ambito privacy, che dal canto loro hanno espresso le loro perplessità in ordine al grado di garanzie accordato al trattamento di particolari categorie di dati, quali quelli relativi alla salute.

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L’efficacia in termini di diminuzione significativa del numero dei contagi e la paventata sorveglianza di massa causata dalla compressione dei diritti democratici legati alla privacy: sono queste le tematiche all’ordine del giorno fortemente dibattute e foriere di molti interrogativi e polemiche.

Infatti la app è stata scelta ma al momento manca ancora il parere formale del Garante Privacy.

Antonello Soro, dal 2012 alla presidenza dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, tuttavia in uno tra i suoi ultimi interventi ha fissato alcuni punti tra i quali:

  • Adesione volontaria; l’uso di tale app non dovrà essere imposta o indotta, diversamente opinando infatti, non si potrebbe parlare di consenso all’uso di determinati beni o servizi in modo libero, ma condizionato o peggio ancora estorto. Sennonché si è posta la necessità di sensibilizzare gli italiani rispetto al tema, allorché gli esperti scientifici hanno stimato che Immuni dovrà essere scaricata da almeno il 60% degli italiani per condurre a risultati positivi.
  • Pseudonimizzazione dei dati; è da considerare la misura maggiormente sicura e in linea con il Reg. UE 2016/679 (GDPR) e suscettibile di re-identificazione solo in caso di rilevata positività al Covid-19.
  • Un trattamento di dati personali così eccezionale richiede una norma di rango primario. Il Garante esprime così la necessità di un tempestivo sindacato parlamentare.

Come se ciò non bastasse rimane, altresì, oscuro ad esempio il come spiegare a chi non possiede uno smartphone, come gli anziani, che dovrebbero acquistarlo o qualora lo abbiano, di potenziarne l’uso.

Sta di fatto però che ad oggi il gruppo di esperti insediato al dicastero dell’innovazione continua a sostenere la validità dello strumento da loro prescelto per combattere il Covid-19.

Tecnicamente la app Immuni funziona in due fasi.

La prima consiste in un sistema di tracciamento dei contatti che sfrutta la connettività Bluetooth. Difatti attraverso il Bluetooth è possibile rilevare la vicinanza tra due smartphone entro un metro, quindi ripercorrere a ritroso tutti gli incontri di una persona risultata positiva al Covid-19, così da poter rintracciare e isolare i potenziali contagiati. Una volta scaricata, infatti, l’app conserva sullo smartphone del singolo una specie di storico dei codici identificativi anonimi di tutti gli altri dispositivi ai quali è stata vicino.

A questo punto si apre la seconda fase della app, la quale si sostanzia in un diario clinico contenente tutte le informazioni più rilevanti del singolo utente (sesso, età, malattie pregresse, assunzione di farmaci). L’aggiornamento quotidiano del diario clinico viene quindi rilasciato all’utente, il quale dovrà avere cura di inserire eventuali sintomi e dettagli sullo stato di salute.

Resta fermo sin da ora che seppure anonimizzare i dati si presenta come la misura atta a blindare i dati immessi nella app, essa non è un’operazione banale; aggregare i dati, seppur anonimizzati è un’operazione da valutare ed anonimizzare i dati e effettuare elaborazioni sui dati con l'ausilio di terze parti richiede misure di sicurezza adeguate su tutta la filiera di trattamento.

Insomma, sicuramente sarebbe più affidabile la geolocalizzazione a livello satellitare che lo stesso Comitato europeo sulla protezione dei dati personal (EDPB) non esclude sebbene subordinata all’attuazione di tutta una serie di precauzioni.

Riguardo, poi, la seconda funzione di Immuni relativa al diario clinico, essa deve garantire quei requisiti di sicurezza, quali la cifratura, che sono fondamentali per un corretto trattamento dei dati.

È di tutta evidenza pertanto che i punti a cui dare una risposta sono molteplici, anche in considerazione del fatto che questa app presenta forti perplessità sia dal punto di vista della riuscita in termini di monitoraggio del contagio, sia perché comporta pur sempre un trattamento di dati personali particolarmente delicato a nulla rilevando che la salvaguardia della sicurezza pubblica si ponga in questo periodo storico di primario interesse.

 Foligno 22/04/2020                                                                                                                   AVV. Chiara Brilli
                                                                                                                                                Studio Legale Ficola